Omaggio a Barelli, la “zingara del buon Dio”


Don Fabio Mauriello e l’Azione Cattolica hanno organizzato un convegno sulla vita della beata, alle ore 17:30 nella chiesa madre, con l’intervento del Vescovo di Avellino

“Scoprite le radici cristiane, approfondite la conoscenza dell’eredità spirituale che vi è stata trasmessa, seguite i testimoni e i maestri che vi hanno preceduto!” Giovanni Paolo II. Sono queste le motivazioni che ci hanno spinto ad approfondire e far conoscere una figura cruciale del cattolicesimo italiano contemporaneo che meno di un mese fa, la Chiesa ha proclamato beata. È stata di esempio per tante donne anche della nostra comunità perchè la fama della sua proposta rivoluzionaria giunse presto fino a noi. Nel 1925, infatti, a pochissimi anni dalla fondazione nasce anche ad Atripalda, il gruppo di Gioventù Femminile S. Lucrezia; lo attesta una pergamena con firma di suo pugno, custodita nella parrocchia di Sant’Ippolisto m.

Armida Barelli (1882-1952), appartenente alla borghesia milanese, animata dai valori risorgimentali e lontana dalla pratica religiosa, trovò nella fede la risposta alle sue domande esistenziali.

La locandina

In un tempo in cui per le donne l’opzione era tra matrimonio e vita religiosa, matura una scelta nuova: l’apostolato laicale in forma associata.

Nella sua vita, Armida accoglie le sollecitazioni di tre Pontefici in un tempo complesso della storia italiana, tra due guerre mondiali, passando attraverso il fascismo, fino ad arrivare alla nascita della Repubblica e alla stesura della Costituzione. La sua vita si intreccia con quella dell’Italia e si fonde con queste vicende storiche. Con la sua opera ha contribuito in maniera decisiva alla promozione delle giovani donne cristiane nella prima metà del Novecento, al processo di integrazione tra Nord e Sud, estendendo la sua azione anche in campo internazionale arrivando a fondare una missione in Cina.

È stata soprattutto una donna credente, immersa nella storia, testimone appassionata e modello per migliaia di giovani donne che da lei hanno imparato ad amare Dio, il prossimo, la Chiesa.

La nuova beata, chiamata amichevolmente Ida, “nasce quando le ragazze perbene non uscivano da sole né a capo scoperto; non studiavano nelle scuole maschili, non partecipavano alla vita pubblica”. (Maria Sticco in Una donna fra due secoli).

Forma una generazione di donne che si spendono nel campo sociale e politico nella fase fondativa della democrazia in Italia. Le incontra e vede le opportunità di studio, di lavoro, di movimento che sono loro negate; quando poi, dopo la fine della seconda guerra mondiale ricevono finalmente il diritto di voto, si prodiga per prepararle a questo grande appuntamento.

Da Milano il suo impegno si irradia nel Paese, dove dà vita alla più numerosa e capillare associazione femminile. Percorre più volte tutta l’Italia da nord a sud, paese per paese, in anni in cui i trasporti erano scarsi e non era facile per una giovane donna viaggiare da sola con orari impossibili, spesso notturni, tanto da farla sentire come “una zingara del buon Dio”.

Per tutte è «sorella» (sorella maggiore); nasce, con lei, una solidarietà al femminile, una complicità, un legame forte che le donne sperimentano al di là del ceto sociale, della cultura, della provenienza; è una realtà assolutamente nuova nella storia italiana. Era convinta che la cultura dovesse appartenere a tutte le classi sociali e che le donne dovessero prepararsi per dare un contributo alla società e alla Chiesa.

La GF da lei fondata nel 1918, prima nella sola diocesi di Milano e poi per volere di papa Benedetto XV in tutta Italia, fu davvero capace di “unire l’Italia” e in brevissimo tempo raggiungerà più di un milione di iscritte. Grazie ad Armida, dalle Alpi alla Sicilia, donne e giovani di ogni ceto sociale (nobili e borghesi, aristocratiche e contadine), di ogni condizione (insegnanti ed analfabete, ricche e povere), iniziarono a riunirsi, a formarsi, a credere in se stesse e ad assumere una missione nuova nella Chiesa e nel mondo. Abituate da secoli a “sussurrare” e parlare solo all’interno delle loro case, ora le giovani si cimentano, nelle nascenti associazioni e nei gruppi, a tenere lezioni, arrivano a parlare nelle Chiese e nelle piazze, si muovono con autonomia, parlano in pubblico, viaggiano, partono la domenica, a piedi, in bicicletta, in treno per raggiungere città e paesi, per incontrare altre giovani desiderose di conoscere le nuove prospettive che la Gioventù Femminile intende offrire, si assumono responsabilità in molti campi della vita sociale ed ecclesiale, acquisiscono sicurezza in se stesse, tanto che sapranno resistere anche al fascismo e alla complessità di comunicazioni e spostamenti imposti dalla Seconda guerra mondiale.

Armida tutto questo lo vive con la piena fiducia nel Sacro Cuore, senza smettere mai di lavorare e di condividere sogni.

Dall’amicizia con padre Agostino Gemelli nasce, nel 1921, per sua insistenza la Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Policlinico Gemelli) e l’Opera della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo, un Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo.

In un tempo in cui l’Università era solo per poche donne, molte della Gioventù Femminile, grazie ad Armida, si iscrissero e si laurearono alla Cattolica. Per rendere più agevole lo studio alle ragazze non residenti, la Barelli, poi, volle un collegio per loro, intitolato alla Madonna, il Marianum, e la possibilità di una borsa di studio creata da lei con i fondi suoi personali ereditati dalla famiglia.

Nell’esperienza di Armida Barelli vi è una grande apertura al mondo, ai legami internazionali tra associazioni di giovani donne che, proprio durante il pontificato di Pio XI, andavano diffondendosi in tanti Paesi. Oggi questo può sembrare poca cosa ma riportata agli anni ’20 e ’30 è stata una vera e propria rivoluzione culturale a favore delle donne.

Testimone di una santità vissuta nel quotidiano, apripista di una presenza attiva dei laici nella vita della Chiesa, determinata ed infaticabile, Armida ha cambiato un’epoca ed ha molto da dire e da insegnare ancora oggi a uomini e donne del nostro tempo.

A noi il compito di trasmettere l’eredità ricevuta e consegnare questo dono sempre nuovo alle future generazioni.

Giovanna Accomando



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