I Racconti del Sabato sera – ‘A potea e Nanninella


“La bottega dei desideri e dei sogni. Un luogo speciale, dove non solo si acquistavano leccornie e prodotti genuini, ma si intrecciavano le storie delle persone, mescolando ricordi del passato con belle speranze , perché a volte ci vuole la giusta dose di ingredienti per accendere un desiderio”

Nanninella, a dispetto del diminutivo con cui veniva chiamata (Anna, Nannina, Nanninella), era una donna dalle forme generose, nella sua figura tutt’altro che longilinea, spiccava prepotentemente il seno; nel suo caso si può tranquillamente affermare che madre natura avesse esagerato fornendola di una misura che superava la sesta taglia.

La sua potea di generi alimentari, situata nel cuore antico del paese, in mezzo a tante altre era di certo la più frequentata, non tanto per l’ottima qualità dei prodotti, quanto per l’avvenenza della bella proprietaria. A quei tempi gli uomini preferivano le donne formose, come si diceva delle maggiorate.

‘A potea e Nanninella era bella come la proprietaria.

“’o vascio” era situato sotto un palazzo antico, decorato di affreschi sulla facciata, con capitelli sulle porte e portoni circondati da marmi, l’insegna del negozio era stata disegnata a mano da uno sconosciuto artista locale. Al lato destro del palazzo si ergeva un rigoglioso tiglio che nel mese di giugno profumava l’aria dell’intero vicolo con una fraganza che sapeva di attesa e in piena estate la chioma larga, ramosa e tondeggiante, offriva l’ombra a Nanninella e alle comari delle altre botteghe: ’a cappellara, ’a gravunara, ’a pittora, che con la scusa del caldo si sedevano fuori alle potee sulle loro seggiolelle, per guardare la gente passare e non perdevano l’occasione per spettegolare un po’ su tutti.

E ne passava gente in quelle stradine! Nei vicoli che si arrampicavano verso ‘o Palazzo dei Signori, c’erano proprio tutti: ’o barbiere, ’o sarto, ’a fruttaiuola, ’o scarparo, ’a baccalaiola. L’andirivieni di persone faceva sì che ogni giorno “pareva ’no mercato”.

Nanninella e le sue compagne erano le orecchie e le bocche del paese: ”…ò viri a quillo?…’a lassato ’a mogliere e i figli, ha perso ’a capo pe’ quella femmena, ’na poco e buono, quella poverella ra mogliere non esce chiù ra casa, se non pe’ ire a fa a serva adda signora ‘ro notaio, che si è dispiaciuta ‘re criature e se l’è misa sotto la sua protezione…”.

Quando poi passavano le giovinette in minigonna, le critiche aumentavano: “.. ’e mamme non se guardino e figlie loro e po’ si meravigliano se qualcheruna esce prena pe’ mano ro spirito santo…” ironizzavano feroci.

Ma aldilà delle chiacchiere a volte maligne, il cuore di quelle donne era tenero, esse non mancavano mai di aiutare qualche povera disgraziata, vittima di un marito violento e ubriacone o di uomini senza scrupoli. La solidarietà femminile prendeva il sopravvento, lo sapevano bene anche loro come andavano le “cose” nel paese.

La bottega all’interno non era troppo grande, c’era però lo spazio sufficiente per tutto il necessario, un enorme bancone di legno massiccio troneggiava al centro, alto al punto tale che quando Nanninella stava dietro, straripava fuori solo il suo enorme petto e che per questo sembrava ancora più grande.

Sul bancone erano allineati bene in ordine grossi barattoli di vetro trasparenti che contenevano ogni genere di delizia per il palato: caramelle, bonbon, mentine, barchetelle di liquerizia, confetti e dolciumi vari , venduti sfusi e a peso. Quando i ragazzini entravano per comprarle a stento arrivavano con le loro testoline all’altezza del bancone, giusto al punto per godersi lo spettacolo e nei loro sogni e desideri dell’età puberale comparivano insieme ai dolciumi gli enormi seni di Nanninella.

I mariti del paese facevano la gara per fare la spesa da Nanninella, mentre normalmente non muovevano un dito in casa, guai se un uomo veniva solo sospettato di svolgere faccende domestiche, quando si trattava di andare a comprare il pane erano sempre disponibili ed entusiasti. Le mogli conoscevano bene il motivo per la corsa da Nanninella e anche se erano gelose, accettavano di buon grado la situazione, la poteara era conosciuta da tutti come “una femmina seria” che non accettava la corte di nessuno, inoltre teneva un buon marito e cinque figli uno più piccolo di un altro che la occupavano ben oltre l’orario del negozio. Inoltre la gustificavano commentando tra loro: “che colpa tene essa se ’a mamma l’ha fatta tanto bella!!”

Gli anni passavano e quando il paese si schiantò per la violenza del terremoto, tutto il centro storico già fatiscente fu dichiarato inagibile e tutti gli abitanti furono costretti a trasferirsi altrove. Così anche le botteghe dovettero chiudere, alcune attività si trasferirono nei prefabbricati disposti per l’occasione e dislocati in vari punti del paese, altre chiusero definitivamente e questo fu il caso della potea di Nanninella.

La ricostruzione durò più a lungo del previsto, come spesso accade in situazioni del genere, e quando il centro storico parve rinascere, delle botteghe oramai non c’era più traccia. Nel frattempo c’era stato un altro terremoto, meno evidente, ma altrettanto terribile, che sconvolse la cittadina dal punto di vista commerciale. Iniziarono a comparire anche a Vallelunga i grandi supermercati che assorbirono le vendite delle potee e la gente incominciò a trascurare quei pochi negozi rimasti ancora aperti.

In questi grandi centri commerciali la gente non aveva più un contatto diretto, non esisteva più il venditore, la spesa si faceva da soli, comprando tutto impacchettato, addirittura la frutta e la verdura!! Ma che tristezza!! Non si sentiva più l’odore dei cibi, tutto era freddo e sterilizzato come in una corsia di ospedale. Ben presto tutti nel paese si dimenticarono di Nanninella e pure di salutare, quando si entrava in quei gelidi mercati, nessuno si riconosceva e non si salutava più con vero affetto.

Nanninella da parte sua si era trasferita in un piccolo appartamento vicino alla piazza, non aveva avuto il coraggio di trasferirsi più lontano, aveva affittato una casa al primo piano ed ora che era rimasta sola, dopo la morte del marito e il trasferimento dei figli che si erano tutti sposati, non le restava che sedersi con la seggiolella dietro i vetri del suo balcone perdendosi nella lunga fila di automobili che affollavano il traffico cittadino; ogni tanto si appisolava e quando riapriva gli occhi , per un istante le sembrava di essere ancora nel vicolo seduta davanti alla sua bottega.

Sono oramai trascorsi tanti anni e Nanninella è volata via per sempre, ma in quel vicolo c’è ancora un ragazzino, che mentre succhia barchetelle di liquerizia si sogna ’a poteara dalle grandi tette mentre si sporge dall’alto del bancone.

Cinzia Spiniello



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