Tuccia: Ritorno dopo tre anni in una città ormai ferma e isolata


L’ex vicesindaco è in corsa per il Consiglio regionale nella lista “Europa Verde Campania – Democrazia solidale”: «Non posso certo dire di essere “il nuovo che avanza”, ma “un usato sicuro sì”

Luigi Tuccia, 56 anni, ingegnere, già vicesindaco e assessore comunale nel periodo 1998-2017, alla sua ottava campagna elettorale (dopo cinque Comunali e due Provinciali), è candidato al Consiglio regionale della Campania con la lista “Europa Verde Campania – Democrazia solidale”.

Tuccia, cosa l’ha convinta a candidarsi?

«Il 2 maggio 2017 avevo deciso di mollare tutto per dedicarmi solo alla famiglia e alla professione. E, soprattutto, di chiudere definitivamente con la politica. Alcuni mesi fa, ad una cena, ho incontrato Donato Lettieri, componente del coordinamento nazionale dei Verdi, che mi ha chiesto di sostenere le battaglie ambientaliste dei Verdi. Poi ho conosciuto il consigliere regionale Francesco Borrelli e ne ho condiviso lo spirito battagliero. Mi hanno proposto la candidatura alle elezioni regionali ed eccomi qua».

Perché aveva deciso di chiudere con la politica?

«Perché le vicende che hanno caratterizzato la formazione delle liste per le Comunali del 2017 mi hanno profondamente amareggiato. Poi mi sono rigenerato, ho sposato le battaglie dei Verdi, come legalità, lavoro e tutela dell’ambiente, ho fatto la mia scelta e mi sto impegnando per avere il massimo consenso possibile. Certo, sono e resto di uomo di sinistra, la politica mi è mancata, porto nei Verdi la mia lunga esperienza politica, ma una parte di me è morta per sempre».

Ci faccia capire meglio che è successo nel 2017 se vuole…

«L’assemblea cittadina del Partito democratico mi indicò all’unanimità quale candidato sindaco. Ciononostante chiesi a più riprese che se c’erano altri candidati avremmo potuto confrontarci nelle primarie, ma nessuno si fece avanti. Molti, invece, preferirono andarsi a candidare in altre liste e ne conclusi che fosse arrivato il momento di farmi da parte, facendo, tra l’altro, la scelta meno conveniente per me stesso perché avrei anche potuto comunque presentare una lista del PD, essere rieletto quantomeno consigliere comunale e conservare, quindi, la carica di consigliere provinciale. Invece ho preferito andarmene dal Partito democratico perché un partito dove non si rispettano le regole non è un partito. E come me a quanto pare lo hanno pensato in tanti ad Atripalda visto che oggi conta poche decine di iscritti mentre quando vi militavo io siamo arrivati anche a contarne trecento».

E con quale spirito affronta questa campagna elettorale?

«Ho contatti in tanti comuni ma riparto da Atripalda, trent’anni dopo la mia prima candidatura, ho la fortuna di aver conosciuto tante persone, anche grazie al mio ruolo di consigliere provinciale. So che sarà molto difficile essere eletto, ma non impossibile. E perciò ci credo. Non posso certo dire di essere il “nuovo che avanza”, ma un “usato sicuro” sì. Chi mi conosce sa qual è il mio modo di fare, credo nella partecipazione, soprattutto sulle scelte importanti, perché quando c’è la partecipazione anche le decisioni più difficili possono passare. Ad Atripalda ho promosso incontri con i cittadini sul Piano urbanistico, su contrada Alvanite e sulla riqualificazione di Piazza Umberto I e farò sempre così».

E magari anche riproporsi alle Comunali fra un anno e mezzo?

«No, ad Atripalda non mi ricandiderò più. Sarò sempre presente, ma solo come riferimento politico per quanti vorranno condividere le battaglie dei Verdi. Vorrei riprovare a mettere radici anche per soddisfare la richiesta che tanti ragazzi che sto incontrando in questo periodo».

Dopo tre anni di “esilio” come ha ritrovato la città?

«Atripalda è praticamente rimasta ferma. Che fine ha fatto il Piano urbanistico comunale? Perché non viene adottato? E’ pronto dal 2017, ma è chiuso in qualche cassetto. Eppure si tratta di uno strumento molto importante per la città perché puntava alla valorizzazione di Abellinum, al rilancio del commercio e ad intercettare fondi destinati alla cosiddetta Area Vasta. Forse non andava bene? E allora perché non viene modificato? Inspiegabile. Così come è inspiegabile che non vengano ancora realizzati i 72 alloggi a contrada Alvanite finanziati dalla Regione. I soldi sono ancora lì, perché non vengono spesi? Alvanite sta cadendo a pezzi a l’amministrazione non fa nulla per evitarlo. Ma Atripalda oltre ad essere ferma è ancora isolata ormai perché non ha più alcun peso politico. Fino a tre anni fa abbiamo sempre avuto almeno un consigliere provinciale a rappresentarci, a volte anche due, che lavoravano molto, sia per Atripalda, sia per l’intero territorio, e invece l’attuale amministrazione, con la mancata elezione del capogruppo Salvatore Antonacci due anni fa, è riuscita solo a fare un clamoroso autogol».



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