«La fede ci aiuterà a non perdere la speranza», don Ranieri invita gli Atripaldesi a non mollare


Il parroco della chiesa di S. Maria del Carmine offre la sua riflessione domenicale: «Il Papa ci ha ricordato che non siamo soli, ma il Signore è con noi»

 Carissimi,

al termine di questa giornata, desidero ancora una volta, raggiungere ciascuno di voi per donarvi una breve riflessione che possa aiutarci a vivere questo momento difficile, superando un po’ la noia, l’angoscia e la tristezza delle giornate che scorrono.

Forse la casa comincia a starci stretta, facciamo fatica a condividere gli spazi, forse cominciamo a perdere un po’ la pazienza e ci affacciamo ripetutamente a quella finestra e a quel balcone chiedendoci quando finirà tutto questo. Coraggio! Dobbiamo continuare nello spirito di giuste e necessarie rinunce, dobbiamo gridare a noi stessi: ce la faremo! Dobbiamo guardare, in questo cammino di croce oltre il Calvario per intravedere già la luce del mattino di Pasqua.

Prendo spunto dalla meditazione di Papa Francesco che ha preceduto l’Adorazione eucaristica di venerdì sera. L’ho trovata molto bella e suggestiva e credo, per chi ha avuto la possibilità di ascoltarla, che abbia allargato il nostro cuore ricolmandolo di tanta pace e serenità. La benedizione “Urbi et Orbi” del Santo Padre, impartita col Santissimo Sacramento a conclusione dell’Adorazione, sul Sagrato della Basilica di San Pietro, accompagnata dal rumore della pioggia, dal silenzio di una piazza vuota, e dalle sirene di un’ambulanza che passava di lì, come a rappresentare il dolore e la sofferenza dell’umanità, è stato un gesto che non solo rimarrà nella storia ma che ha commosso tutti. Esso ci ha fatto sperimentare la necessità della comunione di fede che ci fa sentire tutti bisognosi dell’amore e della misericordia di Dio.

“Il Signore è bontà e misericordia” abbiamo gridato nella liturgia odierna ed è proprio vero. So che tanti in famiglia, anche ragazzi e giovani, hanno posato lo sguardo su quell’Ostensorio, tenuto in mano dal Papa, per essere, almeno per un istante, irradiati dalla tenerezza e dal conforto del Signore. Come diceva un commentatore televisivo della celebrazione, ci siamo resi conto che in quel momento la televisione paradossalmente diventava una sorta di cappella aperta, uno spazio sacro, che ormai, da più giorni, ci fa sentire uniti nella fede e nella speranza in Cristo. Nella meditazione sul brano evangelico di Marco (4, 35-41) il Papa ha fatto riferimento alle fitte tenebre che si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città, facendo ricadere tutti nella paura e nello smarrimento, alla tempesta che anche noi viviamo (come quella vissuta dai discepoli, colti di sorpresa in mezzo al mare), che smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze della vita.

In questa tempesta, il Papa ci ha ricordato che non siamo soli, ma il Signore è con noi, non ci abbandona; Egli ci chiede un grande atto di fede perché la paura e l’angoscia non prendano il sopravvento sulla fiducia e la speranza in Lui, Salvatore dell’uomo.

Mentre passano i giorni, le settimane, mentre ascoltiamo la Tv e ci aggiorniamo sperando che i contagi e le vittime diminuiscano, mentre si aprono spiragli di luce, mentre riassettiamo la casa, leggiamo o preghiamo, credo tutti voi come me, stiamo scoprendo il valore e la bellezza della vita, degli affetti, delle cose che ora non abbiamo e che non possiamo godere, di quanto amore avremmo potuto dare, di quante occasioni di incontro perdute, della nostra realtà umana e della vita quotidiana con le sue attività, occupazioni, impegni.

Sì, spesso per noi la vita è semplicemente una corsa, un tendere verso, corriamo e ci affanniamo, ci priviamo di tanti momenti, rinunciamo a tanti gesti di accoglienza, di condivisione… ci sentiamo terribilmente soli e chiusi nelle nostre paure e solitudini. Raggiungiamo prestigio e successi, pur lodevoli, eppure spesso non ci appagano. Quante cattiverie, tradimenti e imbarbarimenti turbano le nostre relazioni con gli altri. Abbiamo proseguito imperterriti, dice il Papa, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato.

Nel vangelo odierno della risurrezione di Lazzaro, proprio all’inizio del racconto, Marta e Maria, informando Gesù della condizione del fratello, esclamano: “Signore, colui che tu ami è malato”. Queste parole oggi sembrano fatte apposta per noi e per tanti fratelli e sorelle segnati dalla prova e dalla sofferenza causata dal virus. Questo tempo, attraversato dalla terribile pandemia del Covid 19, ci stando la possibilità di capire che davvero, in un attimo, ci è crollato il mondo addosso, che tutto quello che avevamo raggiunto e ci sembrava vicino ora ci sembra più lontano e irraggiungibile. È un mistero, tremendo mistero, che avvolge le nostre povere e fragili vite, eppure da esso impariamo a risollevarci, a risorgere, per iniziare una vita nuova. Perché quello che auguro a me e a voi è proprio questo: non sarà facile riprendere da dove abbiamo lasciato, non sarà facile ricominciare e ripartire, ci vorrà tempo, ma dovremmo essere persone nuove, rinnovate e trasformate, purificate dal dolore e dalla prova, rigenerati nella fede e nella vita dal sacrificio di chi non ce l’ha fatta.

Mi tornano alla mente le parole del libro della Sapienza (3, 1-6): “Le anime dei giusti, sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità. In cambio di una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiolo e li ha graditi come l’offerta di un olocausto”.

Come ci ricorda Papa Francesco, rivolgendosi al Signore, questo non è il tempo del tuo giudizio ma del nostro giudizio. Sì, Dio non ci ha mandato il Coronavirus per punirci per i nostri peccati o i nostri scandali, come leggo spesso da tanti messaggi whatsapp di chi evoca profezie o cerca di far passare il digiuno eucaristico e la sospensione delle celebrazioni come un abominio, un ripiegamento umano o un castigo divino… Egli non si vendica e non punisce. Io credo in un Dio che consola, custodisce e che guarisce con la sua grazia le nostre ferite, col balsamo della sua misericordia. In Gesù Cristo, il Padre rivela il suo amore e la sua eterna misericordia per ogni uomo che consapevole delle sue debolezze ritorna a Lui. Gesù annuncia il Vangelo della misericordia e della tenerezza e l’Eucarestia che egli ci lascia in dono è quella celebrata ma è anche quella vissuta e testimoniata con la vita di ogni giorno.

Non lasciamoci rubare la speranza, continuiamo ad avere fede in Gesù Cristo confidando in Lui perché ci preservi da ogni male ed effonda la sua benedizione sul nostro popolo che eleva a Lui il grido della sua supplica e della sua preghiera.

Sac. Ranieri Picone



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