La storia infinita dell’ex cinema Ideal……… ultimo atto o inizio di una nuova stagione?


Una sfida che può apparire fantasiosa, ma che se coniugasse idee, competenza, management, entusiasmo, potrebbe realizzare il… ‘miracolo’ (di Raffaele La Sala)

L’avventura del Cinema Troncone ad Atripalda era cominciata un secolo fa quasi per gioco, con una macchina poco più che amatoriale e le prime serate di proiezione nel salone del Palazzo municipale, concesso con entusiasmo, dal sindaco, il notaio Sabino Mottola. Insomma Raffaele (Atripalda 1868 – 1953) aveva intuito che la curiosità e la passione del figlio Manfredi poteva diventare una nuova attività imprenditoriale e, quando nel 1921-22 aveva ottenuto, con i voti unanimi del Consiglio, il salone del palazzo Comunale “per uso cinematografico” la scommessa poteva dirsi vinta. Aveva 53 anni, era stato eletto consigliere comunale, era un artista consacrato, autore di delicati acquerelli e ritratti, riconosciuto e premiato. La disponibilità del salone municipale, la “sala dei comizi”, era stata ribadita e prorogata a fronte di un pagamento di 60 lire mensili ed a “condizione che resti sempre a disposizione del Comune allorquando se ne presentasse l’occasione”.

Ma di una prima vera sala cinematografica si poté parlare solo dopo il trasferimento nel palazzo della Dogana. Proprio per l’impianto di un cinematografo nella dogana (lato destro) aveva manifestato interesse Umberto Rescigno che, nella seduta di Giunta del 28 febbraio del 1921, aveva avuto una risposta interlocutoria: “La Giunta prende atto dell’istanza di Umberto Rescigno […] e poiché la Dogana trovasi fittata alla Commissione Provinciale Incetta Cereali è necessario far pratiche per ottenere il permesso di occupazione”. Ma evidentemente, quattro anni più tardi, il 5 maggio 1925, i tempi dovevano essere ‘maturi’ se il Consiglio Comunale, letta l’istanza di Tommasina Amatucci del 28 gennaio 1925, concedeva il fitto novennale dal 1 settembre 1925 al 31 agosto 1934, per 500 lire annue da pagarsi in rate quadrimestrali. Condizioni particolarmente vantaggiose che imposero, nella seduta del 14 aprile 1926, un adeguamento del fitto annuale da 500 a 720 lire. Il Comune conservava la disponibilità della sala (al solo costo delle spese vive) per “manifestazioni pubbliche, comizi elettorali, conferenze, spettacoli di beneficenza”, a parte l’aggio sui biglietti (la cassiera era Gemma) previsto dal Regio decreto del 30 dicembre 1923 n. 3276. Fu così che Raffaele, fotografo, divenne anche in anagrafe “impresario teatrale e cinematografico”.

Ma furono i figli Manfredi ed Ettore i protagonisti cittadini dei fasti della cinematografia italiana degli anni ’50 e ’60, ed infine anche i testimoni del suo inevitabile declino. Eppure i Troncone (Raffaele, il pioniere del cinema muto e dei primi sonori negli anni ’30, e poi i fratelli Ettore e Manfredi, nella nuova sala, ai piedi della rampa per S. Pasquale, nei primi anni ‘50) sono parte della storia del cinema e dello spettacolo in Irpinia. Forse anche per questo che fu ambientato ed in parte girato ad Atripalda, nel 1958, Napoli, sole mio (con Maurizio Arena, Tina Pica e Titina De Filippo), mentre fu sicuramente meno casuale il sopralluogo in città di Federico Fellini, a caccia di documenti e testimonianze per il film Il Bidone. Dall’opera al varietà, dall’operetta al neorealismo d’avanguardia di Camillo Marino e Giacomo D’Onofrio, l’Ideal visse un dignitoso crepuscolo, fino alla visione giudiziaria de “La chiave” di Tinto Brass e fino all’ epilogo malinconico della sala vuota, nonostante le luci rosse…

E poi quasi una seconda, insperata, giovinezza negli anni ’80, con affollatissime stagioni cinematografiche e teatrali che si realizzavano in una teatro pressoché inagibile, ma ogni volta, dignitosamente e miracolosamente, tirato a lucido. Fu l’ultima generosa fiammata (per la quale credo di poter rivendicare qualche merito) prima della fine: con l’attività dei gruppi teatrali GTA, La Comune, Umma Umma, che avviò al professionismo Umberto Valentino e Massimo Sorrentino.

Ma la passione per il cinema non si era ancora spenta se per alcune settimane Atripalda alla fine degli anni ‘90 diventò, soprattutto grazie alla coinvolgente intuizione di Gianni Solimene, il set del lungometraggio “Andare” di Martino Lo Cascio, con la partecipazione di Luigi Lo Cascio (recentemente riproposto dal critico cinematografico Paolo Spagnuolo in un generoso tentativo di rilancio della cultura cinematografica) e poi di “Underdog” di Ermanno Bonazzi. Insomma anche Atripalda ha avuto una piccola parte nella grande avventura del cinema italiano ed anche il suo ‘Nuovo Cinema Paradiso’, e forse pure qualcosa di più (con le belle prove di Federica Sarno e Monica Maffei): solo che l’agonia dell’Ideal continua tuttora, nonostante le ricorrenti buone intenzioni, fino a farsi metafora di una pluridecennale paralisi…

Era proprio questa la storia che la giovane regista Matilde Trifari nel 2013/14 voleva raccontare alla nostra sempre più distratta e periferica città, e soprattutto sempre meno consapevole del suo malinconico presente. Progetto, in gran parte realizzato e poi…, per quanto ne so, negato, appannato e dissolto nell’indifferenza.

La prodigiosa longevità di Gemma Troncone (sedicesima della lunga progenie di Raffaele Troncone l’artista, il fotografo, l’impresario cinematografico e teatrale) testimone e memoria della straordinaria avventura artistica e imprenditoriale della famiglia, aveva ancora tenuto accesi i riflettori sull’incerto epilogo della storia. Poi, salvo qualche ricorrente speranza, frustrata da lungaggini estenuanti e inciampi burocratici, più nulla.

Fino, pare, all’ultimo atto… di oggi che può chiudere definitivamente il sipario o, sgombrato il campo da scintillanti aspettative e rugginosi equivoci (su proprietà, concessioni, varianti che rinvierebbero ad antiche contese, a partire per dire dal deliberato consiliare del 20 dicembre 1951…), può inaugurare una nuova stagione. Si tratterebbe di ‘investire’ tutte le risorse disponibili (materiali e immateriali) in progetti di qualità, capaci di attrarre risorse e, vuoi mai, persino di creare ‘lavoro’: una sfida che, allo stato degli atti, può apparire fantasiosa, ma che se coniugasse idee, competenza, management, entusiasmo, potrebbe realizzare il… ‘miracolo’.

Beninteso, non si cercano responsabilità, e si prende atto non di un lungo annunciato fallimento, ma di un nuovo impegnativo inizio.

Non credo sia un… peccato, sperare.

Raffaele La Sala



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