Rifiuti: ma quanto ci costate e ci costerete?


Progetto Italia interveniente per denunciare lo stallo nel sistema di gestione del servizio

Errico Venezia e Antonio Prezioso

Errico Venezia e Antonio Prezioso

La scorsa settimana si è svolta l’ennesima Assemblea dei Sindaci dei Comuni compresi nell’ATO rifiuti della Provincia di Avellino e purtroppo, per l’ennesima volta, si è conclusa con un niente di fatto. L’assenza o l’allontanamento di molti Sindaci dall’Assemblea ha fatto venir meno il numero legale, per cui la strutturazione degli STO, i Sistemi Territoriali Omogenei dell’ATO, non è avvenuta. Tutto ciò potrebbe portare al commissariamento da parte della Regione Campania, esautorando, di fatto, l’ATO (quindi i Comuni, cioè i cittadini) delle sue prerogative, cioè di essere l’unico ad organizzare il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

L’obiettivo dichiarato al suo insediamento fu l’impegno a realizzare le strutture che mancavano sul nostro territorio provinciale, per far si che il ciclo si completasse totalmente nella nostra provincia, senza dover ricorrere a costosi trasferimenti fuori regione. Paradossalmente, invece, per alcune tipologie di rifiuti (l’umido per esempio) l’attuale gestore è costretto a rivolgersi alla città di Padova o addirittura in Sicilia, con notevole aggravio di spese a carico dei cittadini. Una razionalizzazione, quindi, si rende necessaria per avere un servizio sempre più efficiente e rispettoso dell’Ambiente, tracciando in maniera precisa il percorso che porta al recupero o allo smaltimento in discarica, nel rispetto della legge.

Un altro paradosso è che diversi Comuni (Ariano, Atripalda e tanti altri) pur avendo fatto un grande salto di qualità nel servizio di raccolta, passando dai cassonetti stradali al porta a porta spinto, con una differenziata passata in un anno (ad Atripalda, per esempio) dal 35% al 72%, hanno dovuto presentare ai cittadini una TARI più salata. Come mai? Una delibera del commissario della Provincia di Avellino, datata 10 giugno 2013, stabiliva l’aumento del costo di smaltimento della frazione indifferenziata, passando da 109 a 193 euro per tonnellata, quasi il doppio! Chissà poi perché, ogni qualvolta che il cittadino può risparmiare un po’ di soldi, viene fuori qualche delibera che vanifica gli sforzi che lo stesso ha fatto per portare avanti la differenziata nel proprio paese! Il cittadino a questo punto ha un’alternativa per ridurre i costi, dando un ulteriore esempio di correttezza e di buona gestione del proprio territorio: ridurre ancora di più il quantitativo dell’indifferenziata. Ricordiamoci che sono pochissime le cose che non si possono riciclare !

Errico Venezia

Presidente Associazione PROGETTO ITALIA – CRISTAL



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