Regionali ad Atripalda, negli ultimi vent’anni perso un quarto degli elettori


In città l’affluenza è passata dal 75% del 1995 al 48% del 2015, con circa 2.500 aventi diritto al voto che si sono allontanati dalle urne. E stavolta quante persone andranno a votare?

Sette candidati alla carica di presidente e cento candidati in venticinque liste per quattro posti in Consiglio regionale: è questo il quadro elettorale che i cittadini irpini (e atripaldesi) aventi diritto al voto si troveranno di fronte i prossimi 20 e 21 settembre. Proviamo a capire, quindi, se si votasse oggi, sia quanti voti potrebbe esprimere Atripalda e magari anche indirizzandoli a chi.

In attesa di registrare le presentazioni (se ci saranno) dei candidati di tutte le liste, fino a questo momento sono Enzo Alaia (Italia Viva), Carlo Iannace (De Luca Presidente), Anna Nazzaro (Fare Democratico – Popolari), Livio Petitto (Davvero – Animalisti), Maurizio Petracca (PD) e Luigi Tuccia (Verdi) i candidati, riportati in ordine puramente alfabetico, ad aver cominciato in maniera piuttosto evidente a muoversi sul territorio cittadino, sia personalmente, sia grazie ai propri supporter (e di questo ne parleremo in un prossimo articolo), facendo pensare che si aspettino un significativo riscontro.

Soffermandoci proprio su questo aspetto e secondo una rilevazione pubblicata dal Corriere della Sera alcuni giorni fa, la coalizione del centrosinistra guidata dall’attuale governatore della Regione Vincenzo De Luca avrebbe circa 20 punti di vantaggio sulla coalizione del centrodestra che propone Stefano Caldoro come candidato presidente. E circa 35 punti sul Movimento 5 Stelle. Stimando, per semplificare, un’affluenza complessiva degli elettori al 50% (grosso modo la stessa di 5 anni fa, senza Covid), ad Atripalda ciò si tradurrebbe in circa 2.500 voti alla coalizione guidata da De Luca, 1.500 a quella di Caldoro, 800 voti alla Ciarambino (M5S) e così via, che, per effetto della doppia preferenza di genere, raddoppiano il plafond complessivo dei voti (diecimila) a disposizione dei singoli candidati. E quindi, trascurando, per semplificare, il voto disgiunto, i 60 candidati collegati a De Luca dovrebbero dividersi circa 5.000 voti mentre i 24 candidati collegati a Caldoro circa 3.000 voti, i 4 candidati collegati a Ciarambino 800 voti, e così via. In altre parole, se da un lato è vero che De Luca non dovrebbe avere problemi ad imporsi, è anche vero che, in base ai sondaggi, teoricamente i candidati collegati a Caldoro e, ancora di più, a Ciarambino potrebbero poter ottenere maggiori preferenze personali. Ovviamente le variabili sono molte e in quindici giorni possono succedere tante cose.

Un discorso a parte, però, merita quello dell’affluenza, una vera e propria incognita, che potrà pesare non poco. Perché se è vero da un lato la concomitanza col referendum sul taglio dei parlamentari e dall’altro la presenza di candidati locali (Nazzaro, Tuccia e Fabiano) o di candidati supportati apertamente dai politici locali farebbe supporre che si potrebbe tranquillamente invertire il trend al ribasso che nelle ultime cinque tornate ha visto la percentuale di votanti crollare dal 75% del 1995 al 48% del 2015, restituendo un fenomeno astensionistico che in vent’anni ha allontanato ad Atripalda circa 2.500 elettori dalle urne, è anche vero che l’effetto Covid sulle elezioni è ancora tutto da pesare. I segnali che in questo senso arrivano non sono incoraggianti se pensiamo che ad Atripalda già metà dei presidenti di seggio designati dalla Corte d’Appello di Napoli e venti scrutatori sorteggiati dalla commissione elettorale comunale preferiranno restarsene a casa, un fenomeno mai verificatosi in passato quando, semmai, si registrava l’opposto.



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