L’eterno rudere di via Belli


Antonio Di Rito: «Lotto inutilmente da anni contro lo scempio e l’indecenza». La prima richiesta di abbattimento risale al 1989

Il fabbricato è crollato a seguito del terremoto del 1980

L’ennesima lettera piena di sdegno, indirizzata al Sindaco e alla Giunta, alla Asl, Carabinieri e Vigili di Atripalda, al Prefetto di Avellino, alla trasmissione televisiva “Striscia la notizia” e, non in ultimo, alla nostra redazione per puntare i riflettori su una zona della città che appare come abbandonata a sé, uno stabile cadente di via Belli, in pieno centro storico.

«Da 30 anni il sottoscritto Antonio Di Rito residente in Atripalda conduce una battaglia affinché lo scempio, l’indecenza e il pericolo di diffondersi di un’epidemia sanitaria possano infine risolversi – questo l’esordio della missiva datata 8 settembre 2017 -. Trattasi di quel che resta del rudere del fabbricato sito in via Belli numeri 11/13 confinante con la sua abitazione per la continua presenza di topi, lucertole, piccole serpi, zanzare, mosche, mosconi, vespe e insetti vari che logorano la pazienza e la salute della nostra famiglia».

Nel corpo del documento è possibile estrapolare alcuni punti salienti: L’Asl, più volte sollecitata ad intervenire, ha il sacrosanto dovere di tutelare la salute pubblica” – e ancora – “l’Amministrazione comunale ha altresì il dovere e la competenza di intervenire per l’abbattimento di tale scempio” – e poi – “si ripropone ai Vigili del fuoco di Avellino un intervento per verificare l’esistenza di eventuali pericoli di caduta calcinaccie/o penzolanti pezzi di grondaie riguardanti il retro del rudere che prospetta su vico Monache, attraversato quotidianamente dai bambini frequentanti la scuola materna di via San Giacomo”.

L’ultima lettera-denuncia di Antonio Di Rito

Si tratta della seconda richiesta nel giro di due mesi, la prima datata 12 luglio 2017 e protocollata dal Comune con richiesta di aiuto alla nuova Amministrazione per “l’indecente ed indegno abbandono da parte dei proprietari di quel che resta del fabbricato”, in quanto “battaglia che non ha sortito alcun effetto” se non promesse disattese.

Ci sono state altre lettere in ordine cronologico: la prima datata “4 marzo 1989” e indirizzata al sindaco di dove si segnalava il “grande pericolo di crollo parziale o totale dell’edificio di proprietà Capone-Nazzaro; la seconda del “28 agosto 2006” destinata anche ai Vigili del fuoco e alla nostra redazione, in cui è descritta la “giungla tropicale putrescente” (riprendendo versi leopardiani) che “lascia le case, e per le vie si spande e mira ed è mirata, e in cor s’allegra”; la terza del “23 luglio 2007” e richiama le lettere precedenti e gli stessi problemi mai risolti.



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